Lo sbiancamento delle barriere coralline è ultimamente sempre più citato come una delle principali conseguenze dei cambiamenti climatici.
Tuttavia raramente è spiegato cos’è e qual è la correlazione tra clima e coralli.
Così in questo articolo ho deciso di chiarire ogni dubbio, rispondendo alle seguenti quattro domande:
- Cosa vuol dire che i coralli si “sbiancano”?
- Perché avviene?
- Perché è un problema?
- Cosa si può fare per ridurlo?
Prima di continuare però, è necessario capire cosa sono le barriere coralline e che ruolo ecologico hanno.
COSA SONO LE BARRIERE CORALLINE?
Le barriere coralline sono uno degli ecosistemi più ricchi in biodiversità del pianeta e sono formate dall’insieme di diverse specie di coralli e della flora e fauna ad esse associate.
Una barriera o reef, nasce quando un substrato sommerso duro (di roccia o sedimenti calcarei) viene colonizzato da una larva di polipo che incomincia a moltiplicarsi e forma la colonia. Il suo progressivo sviluppo e l’arrivo di nuove larve di polipo continua ad espandere, nel corso del tempo, il reef.
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Il tasso di crescita dei coralli varia da specie a specie, ma in generale si aggira intorno a pochi centimetri l’anno. Perciò, più una barriera è estesa e complessa, più è vecchia.
Questo ecosistema è in continuo cambiamento: alcuni coralli possono morire o essere danneggiati da onde o pesci corallivori, aumentando la quantità di sedimenti sul fondale.
Questi, a loro volta fungono da substrato per organismi incrostanti. Spugne e briozoi per esempio, li compattano e creano una superficie idonea allo sviluppo di nuove colonie.
I reef possono essere sia superficiali, tipici delle aree equatoriali tropicali, che profondi, nelle aree temperate o fredde come il Mediterraneo.
CHE RUOLO ECOLOGICO HANNO LE BARRIERE CORALLINE?
Come spiegato prima, i reef non sono solo un insieme di coralli ma un substrato tridimensionale complesso, ideale per la sopravvivenza, nutrizione e riproduzione di altri organismi marini.
Per questo sono definiti hot spot della biodiversità.
Le innumerevoli insenature forniscono protezione a piccoli invertebrati erbivori, detritivori e filtratori come molluschi, policheti, spugne, nudibranchi ma anche polpi, pesci di barriera e predatori come le murene. Questa abbondanza attira a sua volta altre specie più grandi come squali e tartarughe marine.
Oltre a protezione e nutrimento, molte specie utilizzano le barriere come nursery o cleaning station, come nel caso delle mante.
Inoltre, sono un ecosistema fondamentale per l’assorbimento della CO2 atmosferica, come le foreste pluviali. Per i più temerari, ecco le reazioni chimiche che avvengono nel momento in cui la CO2 atmosferica entra a contatto con l’acqua:
In alte parole, l’anidride carbonica (CO2) reagisce con l’acqua per formare l’acido carbonico (H2CO3) il quale poi, per dissociazione, origina bicarbonato HCO–3 e ioni carbonato (CO2-3), utilizzati dai biocostruttori, tra cui i coralli, per creare il proprio scheletro calcareo.
In questo modo, nello scenario attuale di eccessivo accumulo di gas serra, le barriere coralline sono un fondamentale aiuto nel loro assorbimento. Purtroppo però, oggi il tasso di immissione di anidride carbonica nell’atmosfera da parte delle attività umane è troppo veloce. Gli ecosistemi terrestri e marini non sono in grado di assorbirne così elevate quantità in così breve tempo. Questo sta portando al loro accumulo nell’atmosfera, con aumento della temperatura globale. A sua volta il riscaldamento provoca sofferenza dei coralli e sbiancamento.
Proprio per la loro conformazione, le barriere hanno anche un importante ruolo di protezione delle coste dalle forti onde e correnti provenienti dal mare aperto.
Infine, sono importanti bioindicatori dell’inquinamento dell’acqua ed i cambiamenti climatici.
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Dopo queste premesse, vediamo di rispondere alle tre domande iniziali.
1- COSA VUOL DIRE CHE I CORALLI SI “SBIANCANO”?
I coralli sono formati da uno scheletro calcareo creato da polipi interconnessi tra di loro attraverso un sottile strato di tessuto, il cenosarco. Al suo interno si trovano le zooxantelle, alghe unicellulari fotosintetiche.
Questi animali quindi, vivono in colonie e si nutrono in due modi: attraverso la predazione di zooplankton, catturato dai polipi, e grazie ai prodotti della fotosintesi effettuata dalle zooxantelle. La relazione tra i due organismi è simbiotica e gli uni non possono sopravvivere senza le altre.
Lo sbiancamento è la fase finale del processo di degenerazione del tessuto corallino, in risposta ad uno stress troppo elevato e duraturo.
Ma come si può capire che qualcosa non va, prima che sia troppo tardi?
Il corallo diventa fluorescente.
Questo fenomeno è facilmente osservabile sulle colonie del genere Porites (ma non solo). Queste creano delle strutture simili ad enormi massi e quasi sempre sono utilizzate da policheti definiti “ad albero di Natale” per scavare dei piccoli tunnel all’interno dei quali vivono. Per il corallo ovviamente, questo rappresenta una fonte di stress, perciò l’area circostante a questi tubi è solitamente di colore rosa fluorescente.
La fluorescenza è quindi un segnale di avvertimento. Comunica che il corallo è in una situazione di sofferenza, ma sta cercando di riprendersi. La pigmentazione infatti deriva dalla sintetizzazione di proteine fluorescenti con azione antiossidante e fotoprotettiva, che aiutano la guarigione dei tessuti danneggiati e li proteggono.
Nel caso però dello sbiancamento dovuto ai cambiamenti climatici, lo stress è rappresentato dall’aumento della temperatura. Anche in questo caso, il corallo assume colorazioni fluorescenti diffuse a tutta la colonia o soltanto a porzioni di essa. Le pigmentazioni sono varie ma il rosa ed il blu sono i colori più comuni.
Se in questa fase lo stress non cessa, ma anzi aumenta, i polipi incominciano ad eliminare dai loro tessuti le zooxantelle.
Queste alghe però, sono vitali per i polipi. Perciò la loro perdita ne comporta la morte. A questo punto, anche il tessuto che ricopre la colonia, il cenosarco, deperisce e si sfalda, rivelando il sottostante scheletro di carbonato di calcio: il corallo è sbiancato.
Ma non è ancora morto!
Se in questa fase le condizioni migliorano, ed i pochi polipi rimasti riescono a moltiplicarsi nuovamente, il corallo può ancora riprendersi. Se invece lo stress persiste nel tempo e sugli scheletri bianchi incominciano a crescere alghe, il corallo muore definitivamente.
2- PERCHÈ AVVIENE?
Riassumendo, i motivi sono vari e dipendono da stress:
- ambientali come l’aumento della temperatura che provoca l’espulsione delle zooxantelle, la torbidità dell’acqua che diminuisce la resa della fotosintesi e le malattie;
- meccanici causati da invertebrati (come per i Porites dell’esempio citato prima), pesci corallivori o competizione tra colonie che possono crescere le une sulle altre;
- chimici dovuti al riversamento in acqua di sostanze tossiche come detersivi e creme solari.
Merita una spiegazione più dettagliata lo stress causato dall’aumento della temperatura a seguito dei cambiamenti climatici, in quanto è quello più discusso.
In primo luogo, questo fenomeno è riferito a tutte le barriere coralline tropicali. Queste si sviluppano fino a pochi metri sotto la superficie dell’acqua e risentono di più di eventuali variazioni ambientali.
I coralli, in queste aree, sono in grado si riprodursi ad una temperatura minima di 20°C mentre l’optimum per la sopravvivenza si aggira intorno ad i 28°C. A temperature superiori, dai 31°C a massimo 35°C, si inizia ad osservare sbiancamento.
In condizioni normali, questo è un fenomeno che avviene ogni anno ed è del tutto naturale e tollerato. In Thailandia per esempio, si alternano due stagioni: una secca, con temperatura media dell’acqua intorno ai 30°C/31°C ed una monsonica, durante la quale la temperatura scende tra i 28°C/30°C. I biologi locali, che giornalmente monitorano la barriera, hanno notato che alla fine della stagione secca sono presenti vari punti di sbiancamento che però, durante la stagione umida, regrediscono.
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Il motivo per cui oggi questo è un problema, è che non è più dovuto a cause naturali, ma ad uno scompenso di tali equilibri dovuto all’attività umana. Le quantità di gas serra emesse quotidianamente, eccedono di gran lunga la capacità massima di assorbimento delle foreste e delle barriere coralline. La loro elevata densità nell’atmosfera provoca l’aumento della temperatura, a terra ed in mare. Questo, a sua volta, porta i coralli a sofferenza e sbiancamento.
3- PERCHÈ LO SBIANCAMENTO È UN PROBLEMA?
Dal punto di vista biologico rappresenta una perdita di biodiversità incredibile per due motivi:
- la morte di ogni organismo comporta la scomparsa di materiale genetico unico;
- esistono specie di coralli, come quelli appartenenti al genere Acropora, che sono più resistenti agli stress ambientali e presentano tassi di crescita molto rapidi. Per questo sono in grado di rimpiazzare le specie più deboli, comportando un impoverimento della biodiversità della barriera.
Inoltre l’ecosistema marino, è un sistema chiuso. Questo significa che tutto ciò che succede ad un organismo ha ripercussioni anche sugli altri. Quando la barriera corallina muore, i pesci e gli invertebrati che la popolavano si spostano, in cerca di aree più ricche di cibo e riparo. Quindi anche i predatori più grandi spariscono.
La loro perdita significa anche minore capacità dell’ambiente di assorbire gas serra. Data la velocità di crescita di una barriera, prima che si ricostituisca una struttura in grado di assorbire le quantità originarie di anidride carbonica, dovranno passare decenni. Il problema quindi non è momentaneo, ma ha ripercussioni anche sul lungo periodo.
4- COSA SI PUÒ FARE PER RIDURLO?
Ci sono tante cose che si possono fare per ridurre questo problema. Alcune più alla portata di tutti.
Per esempio, un metodo efficace ma “difficile” sarebbe quello di adottare soluzioni a livello governativo, introducendo nuovi standard comuni che diminuiscano ancora di più le emissioni di gas serra e proibiscano l’utilizzo di alcune sostanze tossiche per l’ambiente marino.
Insieme a questo, il comportamento del singolo è estremamente importante. Oltre a tutte le pratiche per limitare la produzione di CO2 che tutti noi ben conosciamo (utilizzare mezzi pubblici, non sprecare energia, ridurre il consumo di carne, ecc.) ci sono molti altri piccoli accorgimenti, spesso sottovalutati, che hanno grande importanza.
Per esempio, non utilizzare le creme solari a filtro chimico ma solo quelle con filtri fisici microincapsulati come questa Perfect Sunscreen for Body.
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Sia che si pratichi attività subacquea o meno, è importante non toccare mai nessun organismo marino, appoggiarsi o urtare i coralli per evitare di frantumarli.
È utile abbandonare l’abitudine cara a molti di raccogliere sabbia, conchiglie o frammenti di corallo dal bagnasciuga. E purtroppo anche i rinomati gioielli di corallo rosso (ed altro tipo) non andrebbero comprati.
Infine, chi possiede una barca sarebbe meglio che utilizzasse le apposite boe per l’ormeggio, usando l’ancora solo quando strettamente necessario. Questo perché, prima di trovare un supporto e fermarsi, può essere trascinata per parecchi metri, radendo letteralmente al suolo estesissime porzioni di barriera.
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