Un tema che ricoprirà sempre più importanza nei prossimi anni è quello della diffusione di specie marine aliene.

E no, non mi riferisco ad organismi extraterrestri.

Ma è un fenomeno globale che interessa anche il Mar Mediterraneo e che anche noi possiamo contribuire a fermare.

E per questo merita un’approfondimento.

CHE COSA SONO LE SPECIE ALIENE?

Al primo impatto, il termine “alieno” fa pensare a qualcosa di extraterrestre.

Ma in questo caso si riferisce alle specie marine alloctone, cioè non native del Mediterraneo.

Sono anche chiamate NIS (non indigenous species) e sono di due tipologie:

  • invertebrati: molluschi, policheti, crostacei, briozoi, spugne ed altri;

Le Specie Aliene nel Mar Mediterraneo: invertebrati

  • vertebrati: come il pesce leone.

COME SI TRASFERISCONO?

Nel Mediterraneo, ogni anno vengono descritte sempre più NIS originarie dall’Australia, Caraibi ed altre aree.

Da soli, questi organismi non sono in grado di coprire così grandi distanze.

Il mezzo di trasmissione da una parte all’altra del mondo è l’attività umana.

Negli ultimi anni infatti, per effetto della globalizzazione, gli scambi intercontinentali sono aumentati incredibilmente.

Il processo è stato favorito anche da imponenti opere ingegneristiche, come la costruzione dei Canali di Panama e Suez.

Proprio quest’ultimo, situato in Egitto, è, insieme allo Stretto di Gibilterra, il principale punto di entrata nel Mediterraneo di navi provenienti da ogni continente.

Le introduzioni possono essere volontarie e involontarie.

Ecco le principali vie:

  • grandi navi mercantili: per avere più stabilità durante il viaggio, sono dotate di un serbatoio chiamato zavorra. Questa, viene riempita nel porto di partenza con una quantità d’acqua variabile, a seconda del carico. Una volta arrivata a destinazione, viene svuotata. Nel processo di riempimento però, molti organismi, soprattutto piccoli invertebrati, vengono raccolti e trasportati in giro per il mondo;
  • imbarcazioni da diporto: sono utilizzate per la navigazione a scopo ricreativo. Durante le soste nelle marine turistiche, le loro chiglie possono fungere da punto di attacco per le NIS. Così vengono trasportate di marina in marina.

Imbarcazioni da diporto: dimostrato essere un mezzo di diffusione di specie marine aliene nel Mediterraneo

In questo caso il temine tecnico è fouling: si riferisce allo strato di incrostazioni di animali e vegetali che aderisce alle superfici sommerse, cime comprese;

Il FOULING: lo strato di incrostazioni animali e vegetali che aderisce alle superfici sommerse

  • attività di acquacoltura: alcune specie alloctone sono state introdotte in Mediterraneo al fine di essere allevate. Tuttavia, sono riuscite a scappare dalle reti di contenimento;

Aquacoltura: un mezzo di diffusione di specie marine aliene nel Mar Mediterraneo

  • aquariologia: a volte capita che NIS utilizzate per l’allestimento di acquari siano liberate in mare.

Aquacoltura: un mezzo di diffusione di specie marine aliene nel Mar Mediterraneo

I ricercatori del Dipartimento di Ecologia dell’Università di Pavia, dall’inizio del 2019, lavorano al progetto Un Mattone contro Le Specie Aliene. È un programma di monitoraggio delle comunità di invertebrati marini, in luoghi a rischio di introduzione e trasmissione di NIS, come porti e marine turistiche.

Il campionamento pilota è stato condotto in Liguria, nel Golfo di La Spezia.

Il metodo di cui si servono è stato messo a punto negli Stati Uniti ed è la prima volta che viene utilizzato in Italia. Si basa sull’immersione in mare, tramite mattoni, di pannelli di PVC su cui il fouling può svilupparsi.

I ricercatori dell'Università di Pavia monitorano la presenza di specie marine aliene in Liguria con un mattone

Trascorso il tempo necessario, viene raccolto ed analizzato.

I ricercatori dell'Università di Pavia monitorano la presenza di specie marine aliene in Liguria con un mattone

PERCHÈ LE SPECIE ALIENE SONO UN PROBLEMA?

Il mare è formato da tanti piccoli ecosistemi locali.

Ognuno di essi presenta una biodiversità particolare ed un proprio equilibrio interno.

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In queste aree si trovano anche specie endemiche, cioè presenti solo in quella particolare zona.

Quindi, l’introduzione di organismi alloctoni, provoca uno squilibrio dell’ecosistema.

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Le NIS infatti, sono più resistenti ed adattabili, anche a condizioni poco ideali. Sono quindi in grado di competere con le specie autoctone, cioè native.

Inoltre, sono invasive e possono colonizzare anche ambienti molto disturbati (inquinati), che le specie locali non tollerano.

Tutte queste dinamiche comportano perdita di biodiversità e favoriscono l’omogeneizzazione della fauna marina di tutto il mondo.

IL CASO DEL PESCE LEONE

Pterois miles, comunemente conosciuto come pesce leone, è una specie originaria dell’Oceano Pacifico e del Mar Rosso. Ad oggi però si è diffusa in tutto il Golfo del Messico, Mare dei Caraibi ed anche al Mar Mediterraneo.

Il pesce leone, un pericolo per la biodiversità del Mar Mediterraneo

Appartiene alla famiglia degli Scorpaenidae e presenta grandi spine dorsali velenose, una vistosa striatura verticale e può raggiungere i 40 cm di lunghezza.

Vive in fondali rocciosi e lungo la barriera corallina.

Questo pesce è stato introdotto accidentalmente in Florida nel 1992, quando un uragano provocò la rottura di una vasca di pesci tropicali in un acquario.

Nel 1991 invece, attraverso il Canale di Suez, è giunto nel Mar Mediterraneo, dove è stato avvistato per la prima volta in Israele.

Dal 2014 ha iniziato a diffondersi sempre di più in Turchia e nel 2017 è stato avvistato per la prima volta in Italia, in Sicilia.

Questa specie è ritenuta una minaccia per la biodiversità locale perché è molto prolifica, infatti può produrre fino a 30.000 uova ogni quattro giorni. Inoltre è molto resistente alla maggior parte dei parassiti e delle malattie e non presenta molti predatori naturali.

È anche molto vorace, potendo espandere il suo stomaco fino a 30 volte! In caso di digiuno invece è in grado di mettere in pausa il suo metabolismo fino a tre mesi.

La sua voracità poi, oltre a diminuire drasticamente le altre popolazioni di pesci, crea problemi anche ai pescatori locali, che non riescono più a trovare pesce.

COME SI PUÒ RIDURNE LA DIFFUSIONE?

Questo fenomeno è abbastanza recente, gli scienziati stanno iniziando solo ora a comprenderne più a fondo le dinamiche. Anche a livello legislativo, spesso questo aspetto è ancora poco considerato nella stesura di nuove norme.

Per quanto riguarda il traffico mercantile, è stata proposta come soluzione quella di scaricare la zavorra in mare aperto, poco prima di raggiungere la destinazione. Tuttavia, questa pratica può comportare dei problemi all’attracco.

Per le imbarcazioni da diporto, è consigliabile pulire la chiglia il più spesso possibile. In questo modo, si rimuovono eventuali organismi che hanno aderito alla superficie e che potrebbero essere trasportati.

È inoltre buona pratica non liberare specie alloctone in mare.

Nel caso estremo del pesce leone, vengono addirittura istituite campagne di pesca ed abbattimento per ridurne il numero. Inoltre la carne è apprezzata e quindi viene anche consumata nei ristoranti.