Le microplastiche sono oggi una delle più pericolose fonti di inquinamento ed i suoi effetti sull’ambiente e la nostra salute sono ancora oggetto di studio.

Ecco il secondo articolo di approfondimento sulla plastica, nel quale capirai perchè le microplastiche sono pericolose ed inquinanti.

Se ti sei perso quello precedente puoi leggerlo qui “Le origini della plastica

BREVE INTRODUZIONE SULLA PLASTICA

La plastica è stata sintetizzata per la prima volta da Leo Backeley nel 1907.

È un polimero formato dal legame chimico carbonio-carbonio tra due monomeri.

Proprio per questa sua caratteristica, è indistruttibile e non biodegradabile.

Essendo stata inventata dall’uomo infatti, in natura non esistono organismi in grado di degradarla.

Con degradare si intende rompere i legami chimici che tengono uniti tra di loro i monomeri.

A partire dagli anni ’50 però, si è iniziato a delineare il problema del suo accumulo nell’ambiente.

L'accumulo di plastica nell'ambiente è iniziato a partire dagli anni '50

Infatti ad oggi, solo il 20% di tutta la plastica prodotta nel mondo viene effettivamente riciclata.

Il resto rimane nell’ambiente e si trasforma in microplastica.

CHE COSA SONO LE MICROPLASTICHE?

Dalla terra ferma, i rifiuti vengono trasportati attraverso la pioggia in laghi e fiumi. Da qui poi, sono convogliati in mare.

Ecco perché quando si parla di inquinamento da plastica si fa riferimento quasi sempre agli oceani.

Una volta depositata nell’ambiente, la plastica viene attaccata dagli agenti atmosferici come sole, vento, pioggia e moti ondosi.

Questi portano alla sua frammentazione in tanti piccoli pezzi: le microplastiche.

Non ne esiste ad oggi una nomenclatura ufficiale, basata sulla classificazione per dimensione.

In generale però, è definito “microplastica” ogni frammento con dimensione pari a massimo 5mm. Ma ne esistono anche di più piccoli, come quelli mostrati nell’immagine.

Microplastica al microscopio, Immagine estratta da Fendall & Sewell, 2009.

Immagine estratta da Fendall & Sewell, 2009.

Come si può vedere, le particelle assumono varie forme. Dalle più irregolari a quelle sferiche, solitamente di polistirolo, ma non solo.

PERCHE’ SONO PERICOLOSE?

Le microplastiche, a causa delle loro ridotte dimensioni, sono in grado di insinuarsi dove le particelle più grandi non arrivano: nella catena alimentare.

Infatti, una bottiglia di plastica intera, difficilmente rischia di essere scambiata per cibo e quindi mangiata. Però nel momento in cui si disintegra in mille pezzi, la probabilità che qualche organismo ne ingerisca qualche frammento è elevata.

In questo modo, trovandosi nel terreno, nei bacini idrici e sui fondali marini, le particelle sono ingerite involontariamente e in grande quantità da tutti gli organismi.

In mare per esempio, invertebrati come i molluschi, si nutrono per filtrazione. Quindi se le microplastiche sono presenti nell’acqua le ingeriscono, non essendo in grado di discriminare cosa è commestibile da cosa non lo è.

Microplastica: trovata anche all'interno dei molluschi che finiscono sulle nostre tavole

I più piccoli, a loro volta vengono mangiati da pesci di medie dimensioni, che sono predati da quelli più grandi come gli squali.

La microplastica ingerita dal mollusco o dal crostaceo, entra così anche nell’organismo di quest’ultimo.

Esposte a tale tipo di inquinamento sono anche specie più grandi come mante e balene, entrambe filtratrici.

Microplastica: un pericolo per gli animali marini filtratori

A rischio sono anche gli uccelli, sia quelli marini  che si nutrono di pesce, che tutti gli altri. Sempre più spesso infatti, i frammenti di plastica vengono scambiati dai genitori per piccole prede e sono così portati ai pulcini nel nido. Questo però, molto spesso, ne provoca la morte.

Microplastica: un pericolo per gli uccelli marini che la confondono per cibo

E siccome anche noi facciamo parte della stessa catena alimentare, siamo allo stesso modo esposti quotidianamente a questo problema.

A partire dall’acqua fino al cibo, la quantità di plastica a cui siamo esposti è talmente elevata che si stima che ogni settimana, ognuno di noi, potrebbe arrivare ad ingerirne una quantità pari a circa una carta di credito!

Inoltre, sgretolandosi in frammenti ancora più piccoli, possono raggiungere ridottissime dette “nano”.

La caratteristica di queste nano-particelle è che, date le loro dimensioni, riescono ad entrare direttamente all’interno delle cellule.

Gli effetti sull’organismo di questo fenomeno sono ancora sconosciuti.

MA COME SI VALUTA LA PRESENZA O MENO DI MICROPLASTICHE?

Al giorno d’oggi purtroppo, l’inquinamento da microplastica è un problema ubiquitario, cioè presente ovunque.

Lo scopo principale quindi è monitorarne l’abbondanza e distribuzione.

Esistono vari metodi per farlo:

  1. Il primo è raccogliere campioni dall’ambiente. Per esempio acqua di lago, fiume, mare o sedimenti. Per fare questo, lungo la colonna d’acqua, solitamente si percorre un transetto. Cioè, con una barca, viene percorso un tratto definito, filtrando l’acqua con un retino apposito. Ne esistono di vari tipi, ma la principale caratteristica è che deve avere maglie strettissime, in modo da intrappolare tutte le particelle, anche le più piccole. Un retino molto utilizzato per questa pratica è per esempio il retino Neuston. È di forma rettangolare e presenta all’estremità opposta un piccolo recipiente dove si accumulano i detriti filtrati;
    Retino NEUSTON
  2. Il secondo metodo consiste nel marcare le microplastiche presenti in un campione di sedimento per esempio, utilizzando un apposito colorante fluorescente. Questo si lega alla superficie del frammento e sotto la luce blu si illumina. Così è possibile effettuare un’analisi quantitativa;
  3. Il terzo infine è di campionare gli organismi bioindicatori. Possono essere pesci, molluschi o altri invertebrati che sono in grado di accumulare nel loro organismo le sostanze inquinanti presenti nell’ambiente circostante. Queste tecniche sono invasive, ma le uniche utili per effettuare un’accurata analisi quantitativa e qualitativa. Il processo consiste nello studio dei contenuti intestinali dell’animale. Infatti, come spiegato prima, le microplastiche entrano nell’organismo attraverso ingestione e quindi si accumulano nel tratto digerente.

EFFETTI DELLE MICROPLASTICHE SULLA SALUTE UMANA E  ANIMALE

L’effetto più evidente dell’ingestione delle particelle più grosse è che, non essendo digeribili, provocano la morte dell’animale. Ne sono un esempio i sopra citati pulcini di molte specie di uccelli.

Il secondo effetto che hanno le microplastiche è l’alterazione delle normali funzioni fisiologiche.

Studi sperimentali hanno dimostrato che ricci di mare esposti a microplastiche hanno successivamente manifestato un anomalo sviluppo embrionale.

Nell’uomo, altre ricerche hanno evidenziato che, soprattutto le microplastiche in forma nano, dall’intestino, attraverso il flusso sanguigno, raggiungono il sistema linfatico e sono così veicolate in tutto il resto dell’organismo. Hanno comprovati effetti tossici sulle cellule di polmoni, fegato e cervello.

Infatti, sono noti interferenti endocrini, in quanto rilasciano sostanze come bisfenolo, ftalati e molti altri composti chimici, utilizzati per conferire alla plastica trasparenza e flessibilità. Oltre a questi, sono fonte di estrogeni.

Ma perchè questi ultimi dovrebbero essere un problema?

Normalmente presenti nel nostro organismo, sono vitali per il corretto mantenimento dell’equilibrio endocrino e fisiologico. Hanno infatti importanti funzioni tra cui quelle di regolazione dello sviluppo e riproduzione.

Tuttavia, quando l’equilibrio viene alterato, in questo caso introducendo una quantità eccessiva dell’ormone attraverso l’alimentazione, può verificarsi l’insorgenza di gravi problemi.

Ad oggi, gli effetti di queste quantità di estrogeni assunti attraverso la dieta sono ancora in fase di studio, tuttavia è noto che livelli troppo elevati sono una delle tante cause di insorgenza del cancro.

Inoltre, un recentissimo studio italiano, ha confermato la presenza di microplastiche all’interno della placenta umana. Questo non solo rappresenta un rischio per la salute della madre, ma anche per quella del feto, che si trova nella fase più delicata del suo sviluppo.

Per questo motivo lo studio dell’abbondanza e distribuzione delle microplastiche è oggi sempre più importante.

Fondamentale è anche ridurne il consumo e la produzione, riciclando quella già presente.

Riguardo a questo tema, il documentario “A Plastic Ocean” fornice chiare spiegazioni ed immagini che aiutano a comprendere quanto sia diventato grande questo problema.

Leggi l’articolo successivo “La Bioplastica è davvero Ecologica?

Buona lettura!

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